LA STORIA DI REALIZZAZIONE DI JURI NANI
Quando ho visto Juri per la prima volta, è stato a Cervia, alla prima Allinners Conference alla quale ho partecipato. Era silenzioso, in un angolo. sentivo il suo petto esplodere di emozione e vedevo la sua luce brillare. Ricordo che avrei voluto parlargli e farmi raccontare quello che accadeva dentro di lui e nella sua vita, perché sentivo che aveva un mondo dentro e infinite possibilità. tuttavia non lo feci, perché percepivo anche che si trovava in un momento che necessitava di delicatezza e di non invadenza.
Quando si verifica un cambiamento importante in noi, abbiamo bisogno di sentirci sicuri e protetti, senza che nessuno entri troppo nel nostro spazio ancora informe. Così, mi trattenni.
Oggi ho avuto l’onore di sollevare solo parte di quel velo, grazie alla disponibilità di Juri di raccontarsi. Sono felice che lui mi abbia dato la possibilità di raccontare la sua storia, perché, sebbene ci sia ancora strada da fare, la luce che emette quest’uomo è fortissima. Cosi, forse, per coloro che sono destinati a esistere e vivere pienamente, occorre del tempo per metabolizzare di avere dentro un universo intero.
Quando Juri ne sarà davvero consapevole, ci sarà una bellissima esplosione, il suo Big Bang.
Ciao Juri, ci racconti di te?
Ciao sono Juri Nani, sono nato a Varazze e ho 42 anni, papà di Ludovica di 8 anni e Diego di 2 anni. Sono felicemente sposato con Pamela, che mi supporta e sopporta in questo saliscendi di umori di cui è fatta la mia vita. Dedico questo documento, come tutto il resto a loro, sempre.
Come ti sei formato sul lavoro?
Figlio di un padre operaio, grande artigiano e di una madre umile ed instancabile, tutti e due separati e risposati, non hanno mai fatto mancare nulla né a me, né a mia sorella, ma ci hanno dato una severa educazione.
A 15 anni decido di lasciare gli studi e di andare a lavorare nel piccolo laboratorio di Marmi di mio zio, dove mio padre lavorava quando finiva il turno di notte dalla fabbrica. In quel periodo ho cominciato ad avvicinarmi alla scultura e ricordo che ho sempre disegnato e creato piccole vere opere di marmo.
Allora guadagnavo bene ma non ho mai risparmiato anzi, mi levavo ogni capriccio grazie allo stipendio che ricevevo. Certo ho imparato molto da artigiano ma con un’educazione da semplice operaio cioè: lavoravo e aspettavo la prossima busta paga per ricominciare a spendere.
Quando è iniziata la tua passione per i tatuaggi?
A 18 anni, momento in cui, finalmente, mi sono fatto il primo tatuaggio e da allora mi sono appassionato a disegnare i soggetti tradizionali, senza però sentirmi di tatuare persone per almeno 20 anni.
A 21 anni, cioè nel 2001, non riuscivo più ad arrivare a fine mese. Con l’arrivo dell’euro, come sai, si é dimezzato il potere di acquisto e così ho detto a mio padre che volevo mettermi in proprio ma lui non mi ha aiutato molto, forse per paura del fallimento. Lui non aveva la mentalità da imprenditore, ma ormai mi ero licenziato, quindi ho mollato e ho preso un biglietto di sola andata per Ibiza con soli 150 euro in tasca.
Questo è davvero incredibile! E questo rischio dove ti ha portato?
Posso dire di aver patito la fame i primi quindici giorni e mi ricordo che aspettavo la mezzanotte che chiudesse Pizza Hut per mangiare gli avanzi che gli addetti al lavoro lasciavano sopra i bidoni della spazzatura dopo la chiusura. Condividevo la mia cena con altri disperati per scelta, in Plaza del Parque.
Nonostante i tempi duri L’ isola mi ha accolto e mi ha fatto incontrare persone sempre pronte ad aiutarmi.
Quindici giorni dopo ho trovato lavoro presso un marmista che lavorava tantissimo, inutile dire che non facevo vita, lavoravo tutti i giorni tranne la domenica ma guadagnavo il doppio che in Italia, quindi sono rimasto con loro per sette anni. Poi mi sono licenziato e sono andato a lavorare come aiuto cuoco e Portapizza per un anno. In tutto sull’isola ci sono stato 9 anni.
A Ibiza ho avuto la fortuna di divertirmi, di aprire la mente e di imparare a navigare a vela.
Un tizio un giorno mi ha regalato una barca e, con l’aiuto del mio capitano, l’ho rimessa a posto ed ho vissuto per due anni in mare, senza lavorare, pescando qualcosa e scambiandolo per una pizza nel ristorante di Talamanca.
Ogni tanto accompagnavo a vela le coppie a vedere il tramonto a Formentera e tiravo su qualcosa per dare da mangiare prima al mio cane, Gordo e dopo a me.
Cosa hai fatto dopo la tua incredibile avventura a Ibiza?
Un giorno mia madre mi chiama e mi dice che stava per aprire un negozio di vini, aveva bisogno di me e sono corso in Italia per darle una mano.
Dovevo stare solo quindici giorni ma poi le cose si sono complicate, mia madre è stata operata e sono rimasto due mesi in più per mandare avanti la baracca, non girava benissimo.
In quel periodo ho avuto la fortuna di incontrare Pamela e di innamorarmi, così sono tornato a Ibiza a prendere tutte le mie cose e sono tornato a stare in Italia.
Dopo un mese, sono partito per il Brasile con il mio capitano per lavorare 15 giorni su una barca e quando sono tornato Pamela aspettava Ludovica.
Lei era giovane e non sapeva che fare ma io si, mi sarei preso le mie responsabilità e avrei trovato un lavoro. Decidemmo di tenerla, era la cosa giusta.
Ho trovato, dopo tre mesi di disperazione, porte in faccia e fallimenti, un lavoro come marmista a Genova e nel frattempo mia moglie, dopo aver litigato con la socia ha mollato il suo negozio. Così ci siamo ritrovati con un misero stipendio, il mio, che non arrivava a mille euro, a pagare un affitto e sopravvivere.
Ma qualcosa dentro di me rinasceva in silenzio.
Da quando sono tornato in Italia ho ricominciato a disegnare e a sentire di nuovo la voglia di creare così, nel 2011 con l’ arrivò di Ludovica e la perdita del mio caro amato Gordo, di giorno facevo l’operaio e di notte disegnavo. Durante la gravidanza ho perso anche mio cugino Massi, il primo ad avermi avvicinato al mondo dei tatuaggi.
Ricordo che veniva a casa mia, quando ero piccolo, con i pennarelli oppure con ago e china affinché gli disegnassi addosso qualcosa di figo che avrebbe mostrato con fierezza agli amici più grandi. Questo mi gasava un sacco.
Quindi ritorna la tua vera vocazione! Dove ti ha portato questo?
Dopo pochi mesi sono riuscito a comprarmi un kit per tatuare e, siccome per me 100 euro erano veramente tanti da spendere, avevo deciso che qualunque cosa succedesse non sarei mai tornato indietro e avrei imparato al più presto a tatuare.
Nel 2015 ho preso l’ abilitazione Asl e nello stesso momento sono stato licenziato.
Un caso? Non credo.
Ludovica aveva 3 anni e io ero senza lavoro così sono caduto in depressione ma non ho smesso di cercare lavoro come dipendente, sempre marmista, anche all’ estero.
Trovai lavoro prima in un cantiere su uno Yacht e poi sono finito a Cogoleto a lavorare in un chiosco sulla spiaggia, in nero, in attesa della disoccupazione che non arrivava mai.
Nel frattempo a Cogoleto sognavo e stavo guardando se trovavo un locale piccolo nel centro storico dove poter aprire il mio umile studio di tatuaggi e, come per magia lo trovai!
L’ affitto era di 600 euro al mese e avevo paura di buttarmi.
Ma anche qui la vita ti ha risposto, dico bene?
Esattamente. Un giorno mi arriva la chiamata da un amico e maestro tatuatore dicendomi che c’era un suo amico che cercava un socio per aprire uno studio.
Ho accettato di incontrarmi e in quindici giorni abbiamo aperto il primo Old Bones.
Il negozio era 16 mq e abbiamo lavorato a manetta la prima stagione estiva ma già qualcosa dentro di me non andava. sentivo che non facevo progressi e mi sentivo bloccato.
Poi ho riconosciuto Matteo in un video, la sua faccia mi era famigliare, e iniziai a seguirlo, dopo Tap anche nel progetto Mg e mi ricordo che mi sono iscritto lo stesso giorno che lo ha lanciato.
Da allora ho iniziato a mettere via i soldi per prendere il corso All-in.
E ce l’hai fatta?
Certo! Finalmente dopo essere diventato un Allinner vedevo già i risultati dopo i primi mesi.
Nel 2017 abbiamo preso uno studio più grande di fianco al nostro, ci siamo spostati di un metro, ma essendo più grande finalmente avevo il mio spazio per disegnare e tatuare, quindi grazie ai miei clienti sono cresciuto molto, ho iniziato a fare convention in giro, almeno due all’anno e mi sono fatto conoscere un po’ di più, ma nel 2017 é arrivato anche Diego ad ottobre, e mi sono caricato di nuove energie e responsabilità.
Ci fu un’altra svolta a questo punto?
Dopo la Allinners Conference di Cervia. A quel punto ho capito che dovevo creare un mio brand e ho aperto le mie pagine Fb e Google e Instagram.
Adesso sono due anni che ho idea di lavorare su me stesso, essere leader e crearmi un team di persone pulite e rispettose. Desiderio far arrivare i clienti dal web con una chiamata o un messaggio, in modo più rapido. o cambiando il mio mindset ed è quello che conta!
So che dovrei fare anche dei video e metterci la faccia, essere più social, devo riuscirci, per creare un immagine devo farmi vedere, altrimenti, tutto questo viaggio per arrivare fino a qui, che senso ha?
Sono d’accordo. Cosa hai trovato di importante per te nel Movimento Allinners?
Io per primo sono Allinner e non mollerò mai, come non mollerò mai questo movimento che mi motiva ogni giorno, tra alti e bassi a dare il meglio di me, sempre.
Quello a cui tengo, nel mio lavoro è la qualità. I tatuaggi sono fatti da me e quindi non posso automatizzare tutto, cosi come oltretutto non voglio fare più di due tatuaggi al giorno perché verrebbe meno il valore di ciò che faccio, non solo per l’esecuzione, che stanca, ma anche per la realizzazione del disegno che porta via tempo. In più, anche se i tempi sono cambiati e tatua chiunque, anche chi non ha le competenze, esiste sempre un etica tra i tatuatori, che ho promesso di rispettare al mio maestro, Maurizio Fiorini, il più anziano tatuatore italiano, mancato purtroppo due anni fa.
E’ ammirevole, come andrai avanti?
Mi piacerebbe fare affiliate usando dei prodotti per la cura del tattoo e mi piacerebbe registrare e creare dei video corsi per principianti. Se ce li avessi avuto io ai tempi li avrei comprati e aiuterei tante persone che iniziano a non fare casini, insegnando questa antica tradizione e accelerando il loro processo.
Qual è secondo te ciò che ti contraddistingue da tutti i tatuatori?
Per me il tatuaggio significa ascoltare una storia, una sensazione o un’ esperienza vissuta di una persona. Mi piace pensare che aiuto il cliente a tirare fuori quello che ha dentro, come per esorcizzare un dolore, o portare sempre con se una storia.
La magia del tatuaggio per me é far prendere letteralmente vita un disegno, e mi fa onore pensare che questa opera, figlia mia, se ne vada in giro per il mondo con quella persona e che stia per sempre insieme a lui, nel bene e nel male.
Desideri lasciare un messaggio alla community degli Allinners?
Si, se hai un obiettivo non devi farti influenzare da niente, il mindset è importante per raggiungerlo, anche se spesso il dolore porterebbe ad arrendersi, ma sapendo che siamo un movimento, sappiamo di avere il supporto e di poter dare supporto ad ognuno di noi,
Siamo una famiglia ormai e tra gli Allinners si incontrano persone meravigliose con competenze incredibili. Questo è un dono raro.
Ringrazio Juri, silenziosamente e rifletto su quanto ci lascia la sua storia. Credo che quando un amore e una passione cosi grande e viscerale diventa lavoro c’è sempre la necessità di mantenerla pura.
Spesso potremmo temere che il denaro e il successo sporchino la purezza che portiamo dentro. In realtà, come Juri ci sta dimostrando e come sempre di più ci dimostrerà, questo non può accadere perché la vita ci sostiene quanto più noi siamo fedeli al nostro cuore e ai nostri sogni. Dunque, è ora di concretizzarli con fiducia, sapendo che mai potremo fallire: il nostro successo è il successo dell’amore.
Grazie Juri Nani per aver condiviso con noi la tua storia, sarà di esempio per molti.
Se non hai ancora la tua copia del libro degli Allinners, ordinala subito a questo link www.allinners.com
Noemi Fiorentino